MESSINA – Indossava una maglietta della Ferrari cosi, in tanti, tra i profughi arrivati lo scorso 9 giugno a Messina hanno descritto l’uomo che li ha portati in mare aperto, a bordo di un barcone in legno, stipati uno sull’altro. Grazie alle testimonianze di decine di profughi, e di quella maglietta, l’identità del Caronte dello sbarco si è così, racconto dopo racconto, delineata. Si tratta di un tunisino ventiduenne, individuato ed arrestato dagli uomini della Squadra Mobile di Messina.
I 262 migranti soccorsi dal pattugliatore d’altura svedese Poseidon nel canale di Sicilia e trasferiti al porto di Messina sono stati ascoltati uno per uno, dopo le operazioni, ormai di routine, espletate rapidamente dal personale dell’ufficio Immigrazione e da quello del locale Gabinetto di Polizia Scientifica.
Prima però sono stati accolti, rifocillati e visitati da personale medico. Hanno viaggiato per circa nove ore in modo disumano. Uno sull’altro, uomini, donne e bambini. In tanti stipati in stiva come bestie. Quando sono stati soccorsi, il barcone di fortuna su cui viaggiavano era alla deriva, in avaria da tempo.
A bordo dell’imbarcazione, persone di nazionalità diversa, tutte provenienti dal continente africano. Ancora una volta, i racconti di chi era a bordo hanno permesso di tracciare tariffari precisi utilizzati per imbarcare i profughi. Più alta la tariffa per chi sta sul ponte, prezzi scontati per chi si accontenta del sotto coperta.
Circa 200 delle persone arrivate il 9 giugno a Messina sono in viaggio verso altri centri di accoglienza in Abruzzo, Lombardia, Veneto e Trentino dove sono stati trasferite per lasciar posto a chi, probabilmente, nel frattempo arriverà in Sicilia.
Lo scafista, è, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria, presso il carcere di Gazzi.