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L’Ignoto Marinaio – CI PUÒ ESSERE UNA BELLEZZA DEL PONTE? ANDATE A VEDERE “ROSSO ISTANBUL”

L’Ignoto Marinaio

CI PUÒ ESSERE UNA BELLEZZA DEL PONTE? ANDATE A VEDERE “ROSSO ISTANBUL”

Sono stato ad Istanbul alcuni anni fa, per una riunione istituzionale a livello internazionale, con la supervisione dell’Ambasciata d’Italia in Turchia. In quell’occasione sono stato sul Bosforo, ho pranzato in battello sotto uno dei ponti sopraelevati che collega le due sponde. Inutile dire che Istanbul è stupenda, nelle sue contraddizioni e nei suoi colori, porta vera d’Oriente, in cui si mischiano i jeans e le shirt multicolori dei giovani con tanta voglia di Occidente, al canto-preghiera dei muezzin che danno voce alle viscere asiatiche e islamiche della città. Mi spiace che da allora la Turchia, non so se soltanto per responsabilità (certa) di Erdogan o anche di noi europei, abbia fatto passi indietro sulla via di una laicità positiva, pur attenta alla tradizione. Non è questo di cui oggi voglio parlarvi. Quell’atmosfera, magica del Bosforo, l’ho di nuovo respirata con gli occhi e la mente, vedendo il film di Ferzan Ozpetek, “Rosso Istanbul”.  Ozpetek è un regista turco ma naturalizzato italiano; ha studiato e fatto carriera qui da noi. È molto apprezzato e ha ricevuto premi e riconoscimenti importanti. È anche uno scrittore conosciuto: il film è tratto dal suo libro omonimo, edito da Mondadori. Avevo visto di lui “Cuore Sacro”, che mi aveva particolarmente impressionato. Ma questo può non interessarvi. Come, in questa sede, non mi importa soffermarmi sul fatto che la Turchia abbia costruito sul Bosforo, da tanti anni, ben tre ponti e un tunnel sottomarino che uniscono Europa ed Asia. Ciò che invece desidero evidenziare – sollecitato nella riflessione dalle immagini del film – è che può esserci una Bellezza del Ponte. Le scene, i sentimenti, i conflitti, le parole, i cibi, gli sguardi che il regista ha messo su schermo si svolgono per buona parte in questa villa con il Ponte che sembra un nume tutelare dell’amore che il regista ha voluto consegnare agli occhi e all’anima degli spettatori. Le inquadrature ci offrono, un Ponte sempre presente, giorno e notte: fa parte del film, ne esalta la forza estetica, i colori e il rosso dominante che dà il titolo al film e al romanzo. È la faccia visibile di una contemporaneità mitica che, attraverso la sua infanzia, Ozpetek, ha voluto narrare. È il Ponte è difficile non pensare non sia un elemento simbolico di incontro tra Oriente e Occidente. Ma torniamo a casa nostra, qui a Messina. Questa idea – contro cui lottano elite ambientaliste e politiche, a sinistra ma anche a destra, con in testa il sindaco Renato Accorinti – secondo la quale il Ponte ucciderebbe la Bellezza dello Stretto è semplicemente una fake news. Un pregiudizio ideologico senza prove. O anche uno strumento propagandistico di conservazione dell’esistente. Tanto più efficace quanto più viene messo in un cocktail micidiale di banalità politicamente corrette. Quali i rischi di infiltrazione della mafia: rischio presente in qualunque opera e prevenibile con gli strumenti che lo Stato ha in campo, ad iniziare da Procura nazionale Antimafia e Autorità Anticorruzione, oltre che magistratura e forze dell’ordine sul territorio. O il terrorismo sismico: anche il Bosforo è area sismica. Il che non ha impedito la costruzione dei manufatti: l’ultimo inaugurato l’anno scorso, con la partecipazione di imprese italiane. Nè i turchi, né i milioni di turisti che li percorrono o vedono, sembrano percepire quei collegamenti stabili come una ferita alla Bellezza, alla Natura, all’Ambiente o ancor meno alla Cultura. Anzi, viene proprio da un errore di cultura, la visione che lasciare le cose come stanno sia l’unico modo per tutelare e promuovere i beni pubblici. In fondo è la stessa tesi dei soprintendenti ultrà, i “conservatori” tout court. Mummificatori. Che poi dimenticano che l’Arte è un “facere”. Dalle Piramidi, al Colosseo, ai Teatri antichi, ai Musei. Alla Pietà di Michelangelo. Ad Amore e Psiche del Canova. E ai milioni di beni culturali, artistici, monumentali, architettonici, nel mondo, importanti o “periferici”: nascono da una trasformazione dell’esistente. Altrimenti avremmo avuto solo lande deserte, nature “morte”, lastre di marmo immote, tele grezze. Certo, insieme a deserti, cascate, canyon, foreste. Che nessuno si sogna di toccare. Ma, cambiare la vita a bambini insonnoliti in braccia alle madri e a vecchi con la valigia in mano che, a mezzanotte, d’estate o d’inverno, aspettano in riva allo Stretto il ferry boat della Caronte, questo sì. Vale la pena creare per cambiare. Ricercare una dimensione dell’Estetica dentro la modernità. E migliorare la qualità della vita della gente. Che poi è la mission morale della Politica. E, in fondo allo spirito, anche della Bellezza. “Ho imparato che è meglio una scia bruciante, anche se lascia una cicatrice: meglio l’incendio che un cuore d’inverno”, dice Ozpetek. È vero.