L’Ignoto Marinaio – Gli antipolitici, gli “impolitici”, i nuovi, i vecchi: elogio della panchina

L’Ignoto Marinaio
Gli antipolitici, gli “impolitici”, i nuovi, i vecchi: elogio della panchina
Rosy Brancato su Tempo Stretto, con la solita franchezza, pone il problema della nuova classe dirigente in città. Lo fa sotto la spinta dell’inchiesta giudiziaria “Matassa” che coinvolge anche politici locali, ma la questione merita qualche meditazione, a prescindere. Da parte mia, ho qualche scampolo di idea. Semplice. Banale. Intanto dico che è fallito un tentativo del quale Messina è terreno e osservatorio proprio col sindaco “tibetano” che attualmente la governa. Precisamente, quello di privilegiare nella guida delle città gli antipolitici, gli “impolitici”, i tecnici, L’infondatezza di questa tesi l’ha dimostrata proprio la giunta Accorinti: dopo tre anni di mandato, è plausibile tirare questa conclusione. Il sindaco antipolitico, protetto dalla sua eccentrica divisa (la maglietta è sempre la stessa ?) vive sulle nuvole, non capisce un tubo di amministrazione, oggi tutti lo hanno capito: un disastro lui, un disastro la città. In un primo tempo si era detto: Accorinti non è un primo cittadino che fa le cose, lui è il garante etico del nuovo che è entrato a Palazzo Zanca. Il “fare” lo fará la squadra. E giù lodi, peana e poemi sul team accorintiano: titoli accademici, referenze, benemerenze,medagliette e medaglioni professionali, diplomi d’onore, gesta epiche, di assessori ed esperti che affiancano il sindaco. Tutti rigorosamente non politici. Sopra tutto – come la pubblicità del noto fernet – un signore, anzi un Signorino, vice sindaco, con la missione di co-sindaco taumaturgo al quale la narrazione nuovista attribuì, tre anni fa, miracolistiche facoltà. Dopo un triennio il primo cittadino ha comunicato che l’ottimato vice non era l’optimum e lo ha sostituito con altro vice. Nel contempo ha licenziato due componenti della giunta e ha fatto il rimpasto. Quindi due assessori “impolitici” non erano all’altezza. C’è poi quell’altro genio assessorile della tecnica su cui i fondamentalisti accorintiani hanno sparato l’accusa di conflitto d’interesse. C’è, più fresco,anche il nuovo assessore dal doppio cognome straniero: impantanato nel bilancio – più tecnico di questo ! – dell’anno scorso: cosa mai vista in nessun luogo d’Europa. Ora il presidente dell’Amam – altro tecnico alla corte di Renato – si è incasinato in una vicenda giudiziaria di truffa. Insomma i “nuovi”, gli specialisti, i professori non sono la soluzione. Hanno aggravato i problemi. Ci vogliono i politici. Ci vuole la politica.Anticipo la domanda: ma quale politica, quali politici ? Io escluderei due categorie. La prima: gli attuali consiglieri comunali, tutti o quasi. Squalificati per inoperosità, macchiati da gettonopoli, inesistenti come oppositori, incollati alla poltroncina. La seconda: la politica e i politici “di prima”. Nessun ex: nè ex sindaci, nè ex assessori, nè ex consiglieri e neppure ex parlamentari. È necessaria una nuova generazione politica, ma qualificata e all’altezza dei problemi e della speranze della città. Lo so, il ceto politico più recente entrato in consiglio comunale (ma vale anche per parecchio personale entrato in Ars e Camere) fa cadere le braccia. Ma “è una follia odiare tutte le rose perché una spina ti ha punto, abbandonare tutti i sogni perché uno di loro non si è realizzato, rinunciare a tutti i tentativi perché uno è fallito”, c’insegna Saint-Exupery. Bisogna provarci ancora, ma deve cambiare l’approccio. I più votati non sono i migliori. Dico di più, anche se è scomodo affermarlo, ma dobbiamo dirci la verità: a Messina, i più votati – consiglieri in testa – spesso sono i peggiori. Scarsa competenza, clientelismo spicciolo, interessi piccini, nessuna capacità di pensare in grande. E, talvolta, tasso morale basso, se non vera e propria connection o contiguità con ambienti malavitosi. Il che spiega, soprattutto nei quartieri a rischio, da dove arrivino i voti e le preferenze. Spesso tante. Occorre allora, in primo luogo, una scrematura morale preventiva: stop a coloro che non sono a posto con i carichi pendenti, a familiari, famigli”, amici, amici di amici di personaggi noti per gesta illecite o criminali. Spesso basta aprire qualche riflettore sui cognomi, sulle parentele, sugli staff. Messina non è New York, ci si conosce tutti: partiti, associazioni, liste facciano pulizia e mettano in campo i migliori, ma veri. Gli organi d’informazione facciano la loro parte, spulcino prima di ogni elezione i nomi, effettuino accurati esami del sangue, candidato per candidato: ne rivelino provenienza, relazioni, curriculum di legalità, oltre che rituale. Più di quanto solitamente si fa, più severamente di quanto si è fatto. Ammoniscano i soggetti politici, minaccino l’unica sanzione che funziona: fare perdere loro voti, con una denuncia spietata dell’identità vera, negativa, degli uomini e delle donne che candidano, che li rappresentano.Infine, due parole sui “vecchi” della politica. Sono indispensabili. In panchina. E non parlo della panchina dei giardinetti, ma di quella delle competizioni sportive: il luogo dove sta l’allenatore, il trainer, il mister. La panchina da dove devono trasferire criticamente e auto-criticamente il loro know-how: conoscenze, esperienze, preparazione politica. Ed errori commessi, con avvertenze e consigli perché chi viene dopo non li ripeta. Un compito difficile, generoso, esaltante, per chi lo vuole abbracciare. Disinteressato. Che aiuti a sostituire il sogno malato di ritornare in un tempo che non è più il proprio, la caduta in patetiche illusioni di farsi ancora un giro, di “rifarsi” da qualche sconfitta; di essere ancora “giovani”, di potere stare in campo, di giocare la partita in prima persona: tingendosi i capelli, imbellettandosi, nascondendo inutilmente le rughe del tempo che passa. In poche parole, non accettando la propria età politica e spesso anagrafica, il proprio presente e i diversi orizzonti che invece può offrire. Per poi finire, magari, come Gustav von Aschenbach ne “La morte a Venezia”. E, invece, è molto meglio provare il piacere o il brivido di passare il testimone, di sapere essere con umiltà – ruolo difficile, anche interiore – autentico maestro. Di preparazione, di legalità, di onore – antica e moderna parola da riscoprire – per chi vuole fare politica e servire il bene comune nelle istituzioni. So bene che la parola formazione a Messina suscita pensieri cattivi, diciamo così. Eppure, quasi come un contrappasso, la città ha bisogno disperato proprio di questo: di formazione. Politica.