L’Ignoto Marinaio – L’ospite inatteso di Accorinti: Il grande vecchio di nome rimpasto
L’Ignoto Marinaio
L’OSPITE INATTESO DI ACCORINTI: IL GRANDE VECCHIO DI NOME RIMPASTO
Perché credete che Renato Accorinti porti sempre quella scritta cucita addosso “free Tibet” ? Semplice, è marketing di se stesso. Il Tibet gli avrebbe dovuto conferire un’aura di esotismo, di ricercata originalità, financo di misticismo. Per sottolineare cosa? Il distacco materiale e immateriale dagli “altri”, una diversità radicale dalla politica e dai politici; un altro mondo di cui lui è il messia incontaminato: un marziano estraneo ai riti della impolverata “politique politicienne”. Finché, insieme ad altro, a tanto altro di cui qui ho scritto, ha fatto irruzione sulla scena l’Ospite Inatteso, per dirla con Nietzsche: il Rimpasto. Eh sì, Monsieur Rimpasto, un personaggio inaspettato, decrepito per anagrafe e consumato per ruolo. E in più dal nome cacofonico che fa scattare l’antico riflesso di Pavlov, un deja vu, mille volte apparso negli annali amministrativi. Il Grande Vecchio di sempre, che ora intacca, contagia, corrompe, muta l’anima rivoluzionaria dell’accorintismo e del suo potere visibile, da che mondo è mondo porta con sé un significato necessario: fallimento. Se rimpasti la giunta, se cambi due assessori, se licenzi il vice sindaco, se fai piovere da un iperuraneo politico un esterno come assessore, ammetti che hai fallito. Che (almeno) due componenti della tua giunta hanno fatto male. E se cambi, dopo oltre 3 anni, il tuo numero due, che non era il tuo vice, ma una sorta di co-sindaco che hai “venduto” a tutti come scienziato dell’amministrazione pubblica, il fallimento è il tuo fallimento. Rumoroso. Non c’è bisogno di ricordare i nomi e i cognomi, sappiamo tutti di chi e cosa parliamo. La Politica ha un senso e anche delle leggi, che l’esotismo posticcio di Accorinti può fare finta di ignorare, ma sono ferree e scritte nella scienza politica. E ci dicono pure che il capo, tanto più se rivoluzionario sedicente, rimpasta per dire al popolo, sempre meno plaudente, che la colpa non è sua ma degli altri. Se le cose dentro la città di tutti, e nella cittadella del potere, non funzionano, è colpa dei collaboratori, del contorno, inadeguato e non meritevole della fiducia che avevi riposto in loro. Così li butti in pasto a masse e media: d’ora in avanti, s’intende, con i nuovi ottimati che hanno preso il posto dei vecchi, con l’altro scienziato più anziano che fa il braccio destro, con il maghetto importato dal nome straniero, tutto andrà per il meglio. Chi doveva pagare, ha pagato. La testa degli assessori decapitati sono lì, in bella mostra a dimostrarlo. La rivoluzione riprenderà il suo corso. Ve lo garantisco io, il capo. Infallibile, indiscutibile. Vi aspettano altre mirabolanti cose, abbiate fede. Vedrete, signore e signori. Vedrete. Sì, vedremo.





