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La responsabilità dell’amministratore di condominio per la caduta di calcinacci dalla facciata. Cassazione Sentenza n.46386/2015 – di Salvatore Parisi

In un condominio vi sono delle parti pericolanti. Una di queste si stacca e cade, provocando ad un minore, all’epoca dei fatti, delle lesioni giudicate guaribili in sei giorni. Il genitore, dopo qualche giorno dell’accaduto, presenta querela nei confronti dell’amministratore, nella qualità di rappresentante del condominio. Questi viene condannato alla pena di 200 euro di multa per non avere impedito l’evento dannoso, trovandosi in una posizione di controllo, in quanto amministratore del condominio. Sentenza confermata in appello. Nel ricorso in Cassazione viene contestato dall’amministratore quanto asserito dai giudici precedentemente, ossia che nonostante le diverse convocazioni assembleari, andate deserte, avrebbe dovuto provvedere di sua iniziativa. Come avrebbe potuto l’amministratore dare corso a dei lavori straordinari, seppure urgenti, non avendo la possibilità di consegnare un minimo anticipo alla ditta esecutrice? Cosa significa “di propria iniziativa”? Quale ditta avrebbe eseguito i lavori senza alcuna garanzia di avere il pagamento? Nel ricorso viene contestato soprattutto il fatto che l’amministratore, secondo quanto deciso in Appello, riveste una posizione di garanzia, essendo quindi obbligato a rimuovere ogni situazione di pericolo a tutela dell’incolumità pubblica che nel caso dell’edificio, era abbastanza evidente, data la vetustà e lo stato di conservazione tale da provocare la caduta di calcinacci, come poi è avvenuto.
La Cassazione conferma la correttezza dell’affermazione dell’assunto della Corte d’Appello, evidenziando il comma 4 dell’articolo 1130:
4) compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio
Ove per atti conservativi vengono incluse le azioni possessorie (artt. 1168 ss. c.c.) o quelle tendenti al recupero delle spese necessarie per il ripristino della cosa comune, senza la necessità che l’assemblea autorizzi previamente.
E lo stesso articolo 1135 dice che l’amministratore può provvedere alle opere di manutenzione straordinaria, nel caso rivestano carattere d’urgenza, dovendo in seguito informare l’assemblea.
I Giudici quindi hanno rilevato che lo stesso intervento di spicconatura tendente ad eliminare le parti pericolanti, poteva essere considerato un intervento di conservazione a tutela dell’incolumità pubblica, e quindi la responsabilità penale dell’amministratore va ricondotta nella disposizione: non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.
Un passaggio importante in tutta la vicenda è che l’amministratore ha basato la sua difesa sulle numerose assemblee convocate, andate deserte. Proprio questo aspetto che doveva essere un punto di forza, si è trasformato in una debolezza. Ciò che va ribadito è che eliminare il pericolo non significa per forza fare eseguire gli interventi di manutenzione, ma anche predisporre le più elementari cautele, anche per es. attraverso la predisposizione di transenne, delimitando la zona pericolosa. In pratica, come spiega la Corte, intervenire sugli effetti, anziché sulla causa.
Questo non è stato fatto, pur essendo noto il problema, e nonostante la numerose assemblee convocate. E pertanto il ricorso è stato rigettato.

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