L’ IGNOTO MARINAIO – COSA C’È DIETRO LA VARA, ANCHE CON ACCORINTI
L’ IGNOTO MARINAIO
COSA C’È DIETRO LA VARA, ANCHE CON ACCORINTI
La “carriera” – così la chiamavano – di me Ignoto, è stata tutt’altro che ignota. Insomma, può pure accadere anche a uno come me – più per Fato che per merito – di diventare personalità sotto i riflettori. Accadde. E in quegli anni, puntualmente, di tanto in tanto, nella mia comunità politica e umana – oggi alta scuola di àpoti (quelli che, alla Prezzolini, non la bevono, da Accorinti) – c’era sempre qualcuno dei miei che mi proponeva l’adesione di “gente della Vara”: per penetrare bene nei villaggi e in alcuni ambienti “popolari”, mi spiegavano. Figli, fratelli, nipoti, cognati, cugini, di questi o di quelli – s’intende non “loro” in prima persona – ai quali erano accaduti “incidenti”: gli avevano ammazzato qualcuno, avevano (senza “gli”) ammazzato qualcuno, si trovavano a soggiornare in quel “luogo” che ha ispirato varie canzoni, da Mario Merola, a Lando Fiorini; fino alla nostra Rosa Balistreri:
“…Mannaia! di to mà, ngalera sugnu
ah senza fari un milèsimu di dannu
quannu arristaru a mia
era ‘nnucenti.
ah era lu jornu di tutti li santi
tutti li amici me’ nfami e carogna
ah chiddu ca si mangiàu la castagna(1)
Tutti li amici me’ cuntenti foru
ah quannu ncarzareteddu
mi purtaru…”
Così, ogni volta, dovevo ripetere il mio ritornello, frutto di esperienza e di un minimo di “callidità”: tenetevi e teniamoci sempre lontani, politicamente e non solo, dalla Vara (e aggiungevo, per la verità, dalla fauna dello “sfascio”, dei “rifiuti organizzati”, et similia). Sapevo, capivo, leggevo, ciò che i miei più giovani amici non leggevano, capivano, sapevano. E così fu. Sempre. Quel “consenso” non m’interessò mai. Di quei voti – agli antipodi del sacro, che non c’entravano nulla con la Madonna e con la venerazione dell’Assunta – non ne cercai e non ne ebbi. La considero una medaglia. Piccola piccola. Per avere onorato quell’idea grande che è la “destra antimafia”, la quale si ispira a Paolo Borsellino. Questa cosa mi è tornata alla mente, leggendo della polemica che l’associazione “Addiopizzo” ha aperto contro il sindaco Accorinti.
“Nonostante quanto accaduto anni fa – ha denunciato don Terenzio, presidente dell’associazione – c’erano alla conferenza stampa di presentazione dell’evento quest’anno persone della famiglia Molonia e questo ci fa presupporre che ancora facciano parte dell’organizzazione. Il Comune 3 anni fa aveva promesso che persone con precedenti penali non avrebbero avuto nessun ruolo e che comunque ci sarebbe stata trasparenza nelle nomine, ma così non è stato. Come presidente di Addiopizzo e sacerdote ritengo che questa festa debba essere gestita nella massima linearità, spero che l’amministrazione faccia chiarezza”. Evidentemente, Accorinti non la pensa come me: quel consenso “non olet”. Non puzza. Lo coltiva. Se lo coccola.
Se ci sono state minacce, divieti di dimora, condanne per un grave episodio accaduto tre anni, con alcuni “soggetti” protagonisti, come può il primo cittadino portarsi in conferenza stampa familiari di persone coinvolte e condannate per quell’episodio che dice tutto ? Perché ritornano personaggi che nell’agosto 2012 aggredirono i ragazzi di Addiopizzo che distribuivano volantini con la scritta “Maria libera Messina dal pizzo e dalla mafia”, durante la processione ? Adesso nel “Comitato Vara” Molonia padre è sostituito da Molonia figlio. Già era successo, sempre con Accorinti, due anni fa: Celona figlio, al posto di Celona padre. Le famiglie della Vara. Dove sono Legalità, Trasparenza, Giustizia ? E poi non mi piace quell’espressione del sindaco:” Le colpe dei padri non possono ricadere sui figli”. No, questa frase del “tibetano” non mi piace affatto. Perché, in questo contesto – ben al di là del fatto – non è una contestazione culturale alla tragedia eschilea, ma un consapevole o meno “segnale”. Nell’etica pubblica, purtroppo o per fortuna, conta anche di chi si è padre e di chi si è figlio. Il figlio di Riina e il figlio di Borsellino, non sono “la stessa cosa”. E non c’è bisogno di spiegarlo. A parte il fatto che, ricorrere ai figli è il modo per aggirare le regole: un furbismo tipicamente progress.
Al di là di questo, resta l’ammonimento dell’allora prefetto Trotta in una lettera inviata ad Accorinti meno di un anno fa.
«Diversi tiratori e capicorda risultano essere esponenti della criminalità organizzata e non – scrisse Trotta al sindaco – con precedenti, pendenze e segnalazioni per reati di mafia e ordinari, nonché destinatari di misure di prevenzione, perché ritenuti socialmente pericolosi o comunque legati da rapporti di parentela con esponenti di spicco delle consorterie mafiose operanti nel capoluogo”. Il che vuol dire che, nel triennio dell’attuale capo dell’amministrazione, la commistione tra “Comitato Vara” e criminalità c’è stata, eccome. E adesso? Quando finirà l’assegnazione a questi figuri, di “ruoli di così spiccata visibilità mediatica e di indubbia ostentazione di governo della macchina votiva”, censurati dal Prefetto. Finirà?





