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L’ Ignoto Marinaio – Stagioni teatrali, stagioni politiche. E un sovrintendente stagionato.

L’ Ignoto Marinaio

Stagioni teatrali, stagioni politiche. E un sovrintendente stagionato. 

Il nuovo sovrintendente del Teatro non è nuovo. È vecchio, vecchissimo. Fa il nuovo. Come oggi occorre. Ma calca la scena politica da oltre 20 anni. Inevitabile che lo conosca. Ci conosciamo. So chi è. E penso di avere contezza di pregi e non. Si equilibrano, come accade spesso. Infatti, non ho granché da dire. O da mettere all’indice. C’è di peggio, c’è di meglio: aura mediocritatis. Sicuramente, al di là di Egidio Bernava – ecce homo – forse al Vittorio Emanuele e alla città sarebbe giovato respirare aria fresca, non la fragranza dei soliti nomi. Scafati. Che circolano da sempre intorno al Teatro. Invece, il passato non passa. Si veste di futuro. Forse sarebbe stato necessario un gesto di rupture: un sovrintendente portatore di idee, esperienze professionali, culture “altre” rispetto alla “messinesità”. Che non è un valore in sé, ontologico. Può essere anche un incentivo alla chiusura mentale, alla mancanza di orizzonti. E di respiro. E di contaminazioni. Il che è il decesso della cultura, dell’arte. Dello spirito. Serviva un sovrintendente dal pesante bagaglio sul campo. Non genericamente “kulturale” – il che equivale a tutto e al suo contrario – ma nella guida di un teatro. O più di uno. Non per forza grandi. Anche piccolissimi: vivaci, attrattivi, stimolanti. Il che non è Egidio Bernava. Non può esserlo “per la contradizion che nol consente”, a dirla con l’autore della Commedia. Ma la pubblicazione ipocrita  del bando in ambito domestico non poteva che produrre un palio cittadino di candidature. Fosse stato europeo, avrebbe attratto qualcuno abituato ad avere una visione oltre il giardino. 

E per un’altra ragione: politica. Resto convinto della mia filosofia dell’essere nel discorso pubblico. Minima: ciascuno viva la propria fase e la propria storia. Pienamente. Con forza. Con energia. Fino a dare tutto se stesso. Conclusa la quale, deve passare il testimone ad altri. Nella logica dell’alternanza politica. E della successione tra generazioni. Non credo ai ritorni. La ruota del tempo gira. E non si deve vivere e abituare a vivere di nostalgie. Il buon Egidio ha vissuto altre stagioni. Teatrali. E politiche. Al Teatro c’è già stato. Come presidente. Non giudico l’operato. Non ricordo. Non voglio ricordare. Potrei dire: in quegli anni il Vittorio Emanuele non è diventato né La Scala, né il San Carlo. C’è già stato. Basta questo. E avanza, per come la penso. È stato uomo di centrodestra, ora fa l’uomo di sinistra. Era uno degli agit-prop di Berlusconi, lo scenografo di Forza Italia a Messina; l’ho visto tutta una cosa con Peppino, il sindaco “fascista”. Attraversata l’era Buzzanca, ha fatto il non-assessore del non-sindaco Felice Calabrò. Alla Cultura. Partito Democratico. Sulla sponda opposta. Dalla “rive droit” alla “rive gauche”. Qui non ha mancato di fare sentire la sua affettuosa solidarietà all’onorevole Genovese. In aula. L’aula del Tribunale. Scelte. Presidente del Teatro era stato nominato nel 2008  da Gaspare Sinatra, commissario al Comune voluto dalla giunta Cuffaro. Filiera di centrodestra. Adesso Bernava è sovrintendente per volontà del governo sinistro di Crocetta. Tutto ok. Tutto in chiaro: nomine politiche. La competenza non c’entra. E neanche il girotondo mafia-antimafia. Il gioco della coppia “rivoluzionaria” Crocetta-Accorinti è alla luce del sole: riciclano e fanno riciclare. Signori arrugginiti. Personale stagionato. Nel potere. Quanto alla querelle Puglisi-Bernava, non frega a nessuno, figuratevi a me. Il carteggio tra presidente accorintiano e sovrintendente neo-piddino, ex berlusconiano, non finirà negli scaffali della Storia. Neppure all’Archivio di Stato. È teatrino tra comari. Uno spettacolo stucchevole. Nel Teatro che muore. 

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