L’IGNOTO MARINAIO MARIA ZAPPALÀ: PERCHÈ NON POSSO PERDONARE CHI HA UCCISO MIO FRATELLO ONOFRIO
L’IGNOTO MARINAIO
MARIA ZAPPALÀ: PERCHÈ NON POSSO PERDONARE CHI HA UCCISO MIO FRATELLO ONOFRIO
Ecco cosa ha risposto su Fb la signora Maria Zappalà in relazione a quanto avevo scritto io sul “confronto” tra il suo dolore per la perdita del fratello Onofrio ucciso nella strage di Bologna e quello di Agnese Moro, nell’incontro tenutosi a S Alessio Siculo, organizzato dall’Associazione Amici di Onofrio Zappalà. E di seguito, ciò che quella risposta, mi ha suggerito.
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La sig.ra Moro, ha avuto la fortuna “chiamiamola così, “e la forza di conoscere e parlare con gli esecutori dell ‘omicidio di suo padre, a suo parere redenti .
Mentre per la strage di Bologna non si è giunti a nessuna verità né tantomeno al perché di quella barbarie che ancora attende giustizia ma da chi?
Intanto fioravanti e mambro, si sono sposati lavorano ed hanno anche una bambina , conducono cioè una vita normalissima.
Ma se anche loro provano il sentimento del pentimento, abbiano almeno il coraggio di indicare i mandanti.
No !!! Essere derisi ancora oggi e perdonare è qualcosa che non condivido…
Poi ci sarebbe un lungo discorso da affrontare politicamente parlando degli anni cosiddetti di piombo e questo dovrebbe risalire alla fine degli anni 60 inizio 70, il tutto, poi è sfociato in una guerra fatta a cittadini ignari.
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Signora Zappalà, ciò che ho scritto, pressato dall’emozione di ciò che ho visto e ascoltato ieri sera, condiviso in un dialogo con una persona cara che mi accompagnava, l’ho fermato dentro il recinto del Sentimento e dell’Estetica. Un tempo stavano accanto alla Politica, talvolta si sovrapponevano, per me così è stato,oggi forse lo è molto meno. Non saprei. Ma in una giornata come questa, sacra per noi, ho scelto di rispettare il dolore suo, della signora Moro, dei familiari delle vittime, solo mettendo su carta ciò che la commozione del momento mi ha suggerito. Ancorché, ma questo è un dettaglio, conoscevo da coetaneo liceale, Onofrio; per antica pratica familiare, ho apprezzato anche il significato profondo di quel suo modo di “farsi pescatore” di cui ieri ho ascoltato lessico ed echi che a me dicono tanto, ben oltre fatti e parole. Naturalmente, da politico, più di ieri che di oggi, su quegli anni e su ciò che è accaduto a Bologna mi sono fatto un’idea, anche oltre la sentenza che sono d’accordo deve essere rispettata, ma che non ci ha dato, come lei indica, tutta la verità. Il caso Scarantino-Spatuzza e la revisione della sentenza per la strage di via D’Amelio ci danno il “limes” delle sentenze. Ma questo già appartiene alla discussione e financo alla polemica politica. E alla sua povertà, che almeno oggi, per parte mia, vorrei tenere lontanissima dalla nobiltà del giorno.
Un caro saluto