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L’Ignoto Marinaio – I dieci anni dell’IRCCS-NEUROLESI: quando il centrodestra volle eccellere (appunto per gli smemorati)

L’ IGNOTO MARINAIO

I DIECI ANNI DELL’IRCCS-NEUROLESI: QUANDO IL CENTRODESTRA VOLLE ECCELLERE (APPUNTO PER GLI SMEMORATI)

In momenti di crisi della politica che spesso si congiunge con la rabbia del cittadino – non sempre giusta e appesa al gancio della razionalità – la memoria, collettiva ma anche individuale, è alterata dal tempo che passa e da un non perfetto equilibrio nel giudizio di fenomeni, eventi, persone. È sempre stato così; è così. In questa patologia, della quale i neuroscienzati sono venuti a capo fino a un certo punto, ci si imbatte in epifenomeni incredibili di perdita della memoria. Il centrodestra (c’è ancora? Se sì batta un colpo) colpevole a Messina di tante cose, talune verissime e qualcuna immaginaria, ha visto il non fatto o fatto male di cui è responsabile messo in fila, enumerato, sviscerato dalla propaganda degli avversari. I quali non hanno mancato di moltiplicarlo per “Pi greco”, esagerando e moltiplicando fallimenti e mancanze, rigonfiate dalla guerra verbale scatenata da progress e “novatores”: per lo più personale politico incapace che – come Accorinti e i suoi – ha fatto anche peggio. Nel pozzo profondo delle cose dimenticate a causa di disattenzione, opportunismo e ingratitudine diffusa, sono finite anche le cose buone che negli anni del centrodestra di governo sono state fatte a Roma e a Palermo per la città di Messina. Il riconoscimento del Centro Neurolesi, quale IRCCS – Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico – è una delle cose serie fatte: autore il ministro della Sanità – “fascista”, di destra, dite come vi pare – che si chiamava Francesco Storace. Era il 4 marzo del 2006 e un parlamentare messinese dello stesso partito di Storace – allora An non si era ancora sciolta nel Pdl – si era sbracciato nei mesi precedenti, presidiando tutte le settimane il ministero: alla fine i burosauri, i quali tenevano ben serrati i portoni d’ingresso alla casta degli istituti “riconosciuti”, in stragrande maggioranza disseminati nel centro-nord, dovettero piegarsi. Ai voglia che questo o quello rivendichino fatiche e benemerenze (in qualche caso autentiche): senza la volontà politica di “fare” sarebbe stato impossibile avere questa eccellenza in città. Sono trascorsi dieci anni, ho atteso invano che il decennale dell’IRCCS fosse, non dico celebrato o ancor meno festeggiato, ma semplicemente ricordato, che so, con un resoconto delle cose fatte e con i risultati raggiunti, contribuendo a creare intorno a se stesso un clima di partecipazione, condivisione e – perché no – un forte sentimento popolare di orgoglio e simpatia. Invece no, silenzio. All’IRCCS avranno avuto le loro buone ragioni: forse è discrezione, o anche sobrietà, come si conviene a un istituto scientifico; va bene così, anche se il vento ci vuole, ma non per spegnere le candele. Certo, non sarà amnesia: un IRCCS che si occupa di “Neuroscienze nell’ambito del recupero e trattamento delle gravi cerebrolesioni acquisite”, è difficile abbia vuoti di memoria. Scherzi a parte, ciò che conta è che l’IRCCS-Neurolesi oggi sia una realtà, tra le pochissime che riducono il gap di infrastrutture materiali e immateriali che separa Messina da Palermo e Catania, a favore della Città dello Stretto. Con un riconoscimento – per farla breve -che dà il diritto di accedere alla “torta” annuale di notevoli risorse finanziarie ripartite dal ministero della Salute. Il Neurolesi dà – a quanto mi dicono – un servizio di qualità a persone colpite da disabilità gravi e alle loro famiglie che altrimenti non saprebbero a chi rivolgersi: messinesi, ma anche tanta gente – spesso povera gente – che viene da tutti i territori siciliani e anche da fuori. E conferisce a Messina una significativa centralità nel campo della ricerca e della cura. Peraltro, senza il riconoscimento come IRCCS, il Centro non sarebbe mai potuto diventare azienda sanitaria; la quale “salva” l’ospedale Piemonte, ma attrae nel contempo a se stesso notevoli benefici, a cominciare da spazi e strutture.
E con ciò ho molto malamente adempiuto al precetto evangelico: “Dunque , non abbiate paura degli uomini. Tutto ciò che è nascosto sarà messo in luce, tutto ciò che è segreto sarà conosciuto. Quello che io vi dico nel buio, voi ripetetelo alla luce del giorno; quello che ascoltate sottovoce, gridatelo dai tetti…”(Matteo 10, 26-33). Una soddisfazione “messinocentrica”, piccola piccola, che ripaga chi “fece” – senza suonare trombe e pifferi – di qualche dimenticanza.
Se poi, come insegna il filosofo, tutto ritorna…

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